LA GIARA – Stagione 2009/’10
Si tratta di uno spettacolo costruito su più codici espressivi: narrazione, recitazione, proiezione cinematografica.
Lo spettacolo coniuga nel teatro il concetto di tradizione con quello di innovazione: sul palcoscenico si fondono teatro e cinema, narrazione e immagine, tradizione ed innovazione, in un percorso di approfondimento fra i diversi linguaggi artistici. Lo spettacolo rappresenta un lavoro di grande innovazione e sperimentazione su un testo classico, nel pieno rispetto del rigore della scrittura pirandelliana.
In una stagione ricchissima di olive, il ricco e avaro proprietario don Lollò si fa spedire alla masseria una giara gigantesca e la installa nel mezzo del grande cortile. Accade che una notte misteriosamente la giara si rompe mandando il padrone su tutte le furie. Zi’ Dima è un conciabrocche famoso per il suo misterioso mastice: lo si chiama subito, ma don Lollò, diffidente, vuole in più anche una serie di punti di ferro per una riparazione più accurata. Zi’ Dima lavora d’impegno, cuce e salda il recipiente (che torna perfetto e suona, a toccarlo, come una campana), ma vi resta stolidamente chiuso dentro. Di lui non fuoriesce che la testa e, per di più, egli è gobbo e nessuno riesce a tirarlo fuori. Di qui la rabbia e il ricatto di don Lollò che è disposto a rompere la giara per liberare Zi’Dima solo a patto che lui gli ripaghi interamente la giara. Il conciabrocche rifiuta sostenendo la tesi che, se il proprietario non gli avesse imposto quei maledetti punti, egli non sarebbe entrato nella giara e ora sarebbe libero.
Decide pertanto di rimanere ad abitare dentro la giara tra le risate dei contadini presenti. Alla fine, sarà l’arrogante don Lollò in un impeto di ira a rompere la giara, liberando così il gobbo paziente ed astuto.